di Francesca Radaelli (dal giornale online “Il Dialogo di Monza”)
“Non dimenticare il popolo birmano”. È questo l’appello lanciato a Monza da Kim Aris, figlio del Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, oggi detenuta in carcere dal regime militare che governa il Paese. Residente a Londra e impegnato per la liberazione della madre e dei prigionieri politici birmani, Kim Aris, dopo un lungo incontro con il sindaco Paolo Pilotto, ha portato la propria testimonianza all’interno della tavola rotonda che si è svolta nel pomeriggio dello scorso giovedì 9 ottobre presso la Sala del Decanato del Duomo di Monza, promossa dall’Associazione UPF – Universal Peace Federation e dall’Associazione per l’Amicizia Italia Birmania “Giuseppe Malpeli”.
L’incontro, condotto da Carlo Chierico di UPF Monza, ha visto la partecipazione di Thuzar Linn, esponente della comunità birmana in Italia, di Albertina Soliani, ex senatrice e presidente onoraria dell’Associazione per l’Amicizia Italia Birmania, e di Roberto Rampi, parlamentare per due legislature.
L’appello di Kim Aris
Kim Aris, grazie alla traduzione di Mauro Sarasso, ha denunciato di fronte ai presenti la situazione in cui versa il suo paese dal 2021, in seguito all’ultimo colpo di stato che ha visto il ritorno al potere della giunta militare: “Da quel momento ad oggi”, ha detto, “i numeri parlano di 6mila persone uccise, di una ripresa delle esecuzioni capitali, di 20 mila prigionieri politici, tra i quali è compresa mia madre: due di loro ogni mese muoiono in prigione, altri sono sottoposti tortura e lasciati senza aiuti medici”. La violenza dei militari si abbatte sempre più sulla popolazione civile. “Sono state bombardate città e anche campi profughi: più di 3,5 milioni di persone hanno dovuto lasciare le proprie case e rifugiarsi nelle foreste. Oltre 20 milioni di persone (circa metà della popolazione) hanno bisogno di assistenza umanitaria”.